Informazioni personali

martedì 11 dicembre 2007

IL GIORNO IN CUI LA NOTTE SCESE DUE VOLTE

Un articolo può cambiare la vita di un ragazzo.
Un giornalista ha cambiato la vita di un ragazzo.
Una notizia a cui nessun giornalista, in una grande città, avrebbe dedicato più di qualche riga, si è trasformata invece nello scoop, nella grande notizia, che è stata pubblicata su diversi quotidiani.
I fatti: giovedì 5 luglio Alberto Mercuriali viene trovato in possesso di una "modica" quantità di hashish.
Domenica 8 luglio Alberto Mercuriali è finito sulle prime pagine di alcun quotidiani locali.
Lunedì 9 Luglio Alberto Mercuriali si è ucciso col gas di scarico della propria auto.
Ovviamente nessun nome è stato menzionato nell'articolo, ma il giornalista è stato talmente "bravo" e preciso nel riportare alcuni insignificanti dettagli, che la mancanza de nome non è bastata a tener nascosta l'identità del ragazzo.
Un vero e proprio articolo diffamatorio pieno di menzogne che ha dipinto Alberto come un drogato, ma del resto c questo trattamento non era del tutto nuovo, tanto è vero che pochi giorni prima, nel corso della "discreta" perquisizione domestica, gli furono fatte promesse di anonimato mai rispettate.
A conferma di ciò ricordiamo tutti le eloquenti foto delle forze dell'ordine scelte con astuzia dai quotidiani, nelle quali i funzionari esibivano orgogliosamente i ridicoli trofei della loro caccia, quasi a voler ostentare la soddisfazione per la cattura di chissà quale narcotrafficante.
E' stata decisamente una "splendida" azione combinata di pressioni psicologiche e mediatiche.
Tradito dai Carabinieri che l'hanno venduto alla stampa, che a sua volta, l'ha prontamente crocifisso.
Qualcuno disse: "Le parole contano", ci permettiamo di aggiungere che ogni tanto uccidono pure e concediamo, a chi le ha usate come arma, l'unica attenuante possibile: "l'infermità mentale".
Le parole del giornalista cadono pesanti, ci fanno male, ci feriscono perché sappiamo bene che Alberto non era un drogato e non era la persona descritta da quelle parole fuorvianti.
Probabilmente, alla ricerca di una notizia sensazionale in questa calda e piatta estate, il giornalista ha vergognosamente manipolato un'informazione con l'intenzione di darla in pasto alle iene che, sedute comodamente al tavolino di un bar, l'avrebbero poi divorata avidamente.
Questo non è giornalismo, ma il risultato di un sistema malato, marcio, i cui meccanismi non vengono dettati dalla sensibilità e dalla comprensione che gli esseri umani dovrebbero avere nei confronti dei propri simili, ma piuttosto vengono dettati dai nostri atteggiamenti e comportamenti superficiali e bigotti, dalle nostre corte vedute e dalle nostre opinioni meschine.
Tutti noi siamo quindi indistintamente colpevoli di quello che è successo.
Alla base di una scelta estrema come quella fatta da Alberto, probabilmente concorrono problemi di diversa natura, altre complicazioni di cui noi non siamo al corrente.
Certo è che le parole diffamatorie del giornalista e la plateale azione delle forze dell'ordine hanno colpito nel profondo, sono andate a toccare un tasto che ha azionato un circuito di disperazione aumentando lo stato di estrema fragilità in cui Alberto si trovava.
Noi, i suoi amici, singhiozzanti di rabbia davanti a questo gravissimo episodio vogliamo in qualche modo "denunciare" questo dramma, vogliamo urlare il nostro sdegno nei confronti di un sistema che non può continuare a funzionare a senso unico, discriminando gratuitamente e senza nessun diritto gli altri esseri umani.
Viviamo per il momento con la grande amarezza nel cuore di aver perso un caro amico, un gran lavoratore, un buon studente ed un mediocre pescatore. Al contempo, proviamo un gran rancore dato dalla quasi assoluta certezza che poteva essere evitata una morte, se solo si fossero usati un pò di tatto e discrezione nello svolgimento delle rispettive professioni di giornalista e di militare, che peraltro riteniamo essere pilastri fondamentali della democrazia.
Oggi per noi la notte scenderà due volte: per la morte evitabile di Alberto e per l'assordante silenzio della stampa che lo ha già dimenticato.

Ciao Alberto!
Gli amici del Dottor Tosa


1 commento:

Sara ha detto...

Non conoscevo la storia di Alberto: sconvolgente. Le parole possono distruggere molto più dei gesti, soprattutto se partorite sotto l'egida dell'autorità giornalistica. Questo giornalismo è sempre più approssimativo e sempre meno rispettoso della vita altrui: si scrivono e dicono parole con troppa facilità, senza pesarne il senso e senza pensare alle possibili conseguenze. Tutte le persone devono essere rispettate, in quanto esseri umani, e scrivere falsità perché troppo pigri per verificare la veridicità delle notizie è un atto di leggerezza imperdonabile e una mancanza di rispetto che può distruggere una vita, in maniera irrimediabile.